Mr. Tree A Patatai

 

 

 

 

 

... dati i molti meriti durante i trascorsi quattro mesi dovuti ai pericolosissimi incarichi a lei affidati, data la celerità con cui pose termine al recupero del favoloso Fronz, strappato con orgoglio e disprezzo del pericolo dalle mani dei ferocissimi abitanti del pianeta Ktip, data la sua particolare struttura anatomica, per così dire 'alberesca', che si confà superbamente alla strana natura delle missioni da lei svolte, il Comando Supremo Astrale la invita a recarsi immediatamente sul pianeta Patatai, per verificare la fondatezza dell'esistenza di una base ribelle, cosicchè se gatta ci cova giammai covar potrà.

 

                                 firmato: Giudice Cleveland

 

 

L'albero sgranò gli occhi.

Chi mai aveva sentito nominare questo pianeta Patatai?

"C'è qualcosa che non va, radicchio?", disse la domestica attivista.

"No, niente, Ilaria. Soltanto un altro stramaledetto incarico del Comando Supremo Astrale..."

Appoggiò la lettera sopra un tavolo brontolando.

"Non puoi rifiutare?", chiese Ilaria mentre terminava di scrivere il suo discorso per l'università.

"Certo che potrei", disse Mr. Tree mirandosi allo specchio, "ma non lo farò. Ne andrebbe della mia carriera!"

Le sue foglie erano decisamente spettinate e si intrecciavano cadendogli lungo il busto-tronco.

"Dovresti prenderti una bella vacanza invece di pensare alla carriera!", lo rimproverò la domestica attivista.

Mr. Tree cominciò a lavarsi frettolosamente le foglie con uno shampoo antiforfora farfugliando:

"Devo sbrigarmi o perderò  l'astronave delle quattro!"

Ilaria ripassò le ultime frasi che avrebbe dovuto pronunciare per la Conferenza sulla situazione contrattuale delle colf nel Sud Est Galattico, poi prese i suoi appunti e li raccolse in una cartella.

"Cerca di non strafare, radicchio. Prenditela calma, come faccio io. A proposito, devo ancora stirare qualche camicia... ma non ti preoccupare, lo farò al più presto. Me ne vado, ci vediamo quando torni.", disse sbattendo la porta.

Mr. Tree la salutò terminando di asciugarsi la folta chioma fogliata.

"Con tutti i contributi che le pago posso comprarci delle camicie nuove.", farfugliò tra sé.

Si lavò per bene i denti e si lustrò le foglie delle mani, poi indossò un completo verde aderente che gli stava a pennello ed uscì di casa.

Scese le scale di corsa, inciampando e scorticandosi qualche ramo, quando si ricordò che aveva dimenticato di annaffiare i gerani. Tornò quindi immediatamente nel suo appartamento cercando il recipiente dell'acqua.

"Miei poveri gerani", disse spruzzandoli frettolosamente, "mi ero quasi dimenticato di voi!"

I gerani apprezzarono molto il gesto e decisero che per appassire avrebbero aspettato ancora un po'.

Mr. Tree si precipitò di nuovo lungo le scale. Non prendeva mai l'ascensore: era troppo stretto per la sua folta capigliatura e non voleva rovinarsi l'acconciatura.

Nel sottostante pianerottolo incrociò il suo vicino di casa.

"Buon giorno, signor Fline!", disse sorridendo amichevolmente.

"Ah, è lei...", fece l'altro ironico, "quasi non l'avevo riconosciuto!"

Mr. Tree fece finta di non aver afferrato la battuta, non aveva tempo per ribattere a quello sciocco del suo vicino, con quelle orecchie a sventola e rosse come pomodori.

Il signor Fline,  intanto,  entrava nel proprio appartamento ridacchiando.

Giunto in strada, l'albero decise di prendere un taxi o non sarebbe giunto in tempo. Ultimamente il traffico aveva trasformato New Florence in una città invivibile. Fu molto fortunato: il primo taxi che vide da lontano era libero e si accostò per farlo salire.

"Al Centro Voli Spaziali, per favore."

Il taxista ingranò la settima marcia del suo AETR5 (aeroturboRenault5) e fu talmente celere che Mr. Tree non si rese neppure conto di quale percorso avessero scelto.

Il Centro Voli Spaziali di New Florence era la costruzione più imponente della città, due alte torri si ergevano dominando tutta la pianura. Da quattro enormi piattaforme, caratterizzate da vistose scritte pubblicitarie, le astronavi decollavano lasciandosi alle spalle il pianeta.

Mr. Tree si ritrovò piuttosto disorientato, non sapendo quale direzione dovesse prendere per la sua astronave.

"Scusi", chiese ad un passante, "sa dove parte l'astronave per Patatai?"

"Patasai?",  ripetè il tizio.

"No, no, Patatai!"

"Patamai! Ah, certo, Patamai!"     

"No, no, Patatai, PATATAI!"

"Perchè non me l'ha detto subito,  certo che so dove sta, è un pianeta discretamente famoso..."

Mr. Tree era verde dalla rabbia.

"L'astronave... gradirei sapere da dove parte l'astronave..."

Il tizio rispose scandendo lentamente le parole:

"L'ultima rampa a destra."

"Grazie."

Mr. Tree si precipitò come un fulmine. Erano le quattro e tre minuti, l'astronave poteva essere già partita. Invece la trovò ancora sulla piattaforma.

Entrò nell'abitacolo che, dopo qualche minuto, si levò alto nel cielo.


6

 

 

 

 

Le sei ore di viaggio passarono presto. Mr. Tree si era appisolato. Tutto ad un tratto un gancio meccanico lo sollevò di peso, il portello di uscita si aprì di scatto e l'albero fu scaraventato fuori dall'astronave, mentre una vocina antipatica diceva:

"Arrivederci e grazie!"

Nonostante gli capitasse tutte le volte, ancora non si era abituato a quel modo barbaro di avvertire i passeggeri dei voli ipereconomici dell'arrivo a destinazione. Si ricordò che stava precipitando... ma non era grave. Le specie vegetali non necessitano di paracadute visto l'esiguo peso e la foltissima chioma.

Cominciò a guardarsi intorno per vedere un po' com'era questo pianeta Patatai.

Ancora non riusciva a distinguere bene: la discesa era ancora più lenta a causa della bassa gravità. Comunque gli sembrava un pianeta piuttosto piatto, non c'era traccia di montagne e il suolo era liscio come l'olio.

"Sfido io. E' olio!", esclamò.

Adesso che si stava progressivamente avvicinando ne era proprio sicuro; l'odore era inconfondibilmente quello dell'olio di fegato di merluzzo!

Cominciò a preoccuparsi: si sarebbe sporcato tutto. Come avrebbe fatto a spostarsi da un posto all'altro? Remando?

Vide ad un tratto una grossa bolla d'olio che si stava avvicinando. Mancavano ancora pochi metri prima di atterrare.

"Non ti preoccupare", disse all'improvviso la bolla, "vedrai che è divertente!"

"Chi sei tu?", chiese spaventato Mr. Tree.

"Sono Olga, una bolla d'olio e sono venuta a riceverti. Benvenuto sul nostro pianeta!"

"Ah, grazie!", rispose educatamente Mr. Tree e finalmente immerse i suoi rami nell'olio cominciando a galleggiare.

"E' spassoso!", disse ancora mentre  pescollava sghizzando da tutte le parti.

"Sicuro! Vieni che ti presento qualche amica."

Sulla superficie si formarono altre bolle che salutarono.

"E' un simpatico pianeta il vostro.", disse l'albero. "Cosa ci fate con tutto questo olio?"

Le  bolle scoppiarono a ridere.

"Ah, ah, non lo sa!", poi Olga cominciò a spiegarsi.

"Scusa! Credevamo che tu lo sapessi, anzi che fossi uno di loro!"

"Loro chi?"

"Come chi? Quelli della Compagnia Galattica Ristoranti. Hanno affittato il pianeta il mese scorso e lo usano come deposito d'olio. Questo è il Mar d'olio di fegato di merluzzo, più in là c'è il Mar d'olio di semi vari e ancora più lontano c'è l'Oceano d'olio d'oliva. Poi forse ne apriranno degli altri..."

Mr. Tree rimase interdetto.

"Ma allora il pianeta è disabitato?"

"Chi vuoi che ci viva?", rispose Olga, "qualche famiglia di bolle come noi e basta!"

Mr. Tree era sempre più sorpreso.

"E voi... perchè siete venute su patatai?"

"Patatai?", ripetè Olga. "Guarda che ti sbagli, questo non è Patatai!"

Mr. Tree fu sul punto di svenire.

"Questo è Asparg Verde III", riprese Olga, "Patatai è il secondo pianeta sulla destra, passato l'asteroide."

"Devo aver sbagliato astronave.", pensò maledicendo il tizio che gli aveva dato l'informazione sbagliata. "Come farò ora a ritornare indietro?", chiese Mr. Tree preoccupato.

"Non è un problema. Vieni! Ti porterò da Anna."

"Anna?"

"Sì, è una bolla d'aria. E' giunta qualche mese fa con la sua famiglia. Stanno emigrando verso il nord della galassia in cerca di lavoro e sono proprio in partenza."

Anna fu molto gentile e accettò di accompagnare Mr. Tree fino alla stratosfera dove avrebbe fatto dell'astrostop sperando che qualcuno passasse da quelle parti.

Mr. Tree salutò tutte le bolle d'olio mentre Anna con le sue sei figlie cominciavano a prendere quota delicatamente, portando l'albero con sè.

Lasciato ormai il pianeta alle spalle, giunsero nel punto in cui avrebbero dovuto separarsi. Anna diede le ultime indicazioni e lasciò che Mr. Tree desse un bacio a ciascuna delle sue sei figlie, compresa Amina, la più piccola.

Mr. Tree fu libero di vagare nel vuoto mentre il gruppo di bolle si allontanava rapidamente e, preso da un colpo di sonno, si addormentò fluttuante negli spazi siderali.


7

 

 

 

 

E' difficile pensare che un'astronave scassata riesca a volare nello spazio. Eppure ce n'era una, pacchiana e rotondetta come un pallone aerostatico, targata Terra, che si stava avvicinando sobbalzando con grande fracasso e che raccolse, non proprio delicatamente, l'albero vagante.

Mr. Tree fu svegliato dal forte trambusto e si ritrovò catapultato all'interno dell'abitacolo.

C'era uno strano tipo ad accoglierlo: alto e magro, indossava una tuta spaziale alquanto logora, oltre che maggiorata di qualche misura, e un paio di occhiali da sole rosa a pallini gialli.

"Benvenuto signor...", disse l'astronauta.

"Mr. Tree.", fece l'albero.

"Ah! Sono molto lieto di ospitare un egregio rappresentante del regno vegetale! Prego, si accomodi. Non ci faccia caso: è un po' buio in questa astronave..."

L'illuminazione era invece molto forte e ben diffusa.

Mr. Tree fissò gli occhiali da sole indossati dallo stravagante astronauta, poi azzardò una domanda piuttosto ovvia:

"Perchè non prova a togliersi gli occhiali?"

"Occhiali? Quali occhiali?".

Cercò uno specchio in un disordinatissimo guardaroba ed esclamò:

"Perdiana, ho dimenticato di averli indosso!". Li appoggiò su di un ripiano cercando di ricordare perchè li aveva messi.

"Sa, Mr. Tree, il mio grosso guaio è di non ricordare le cose. Dimentico tutto in un battibaleno, è già tanto che io ricordi il mio nome... il mio nome? Già, come mi chiamo? Ah, sì, sono Memo!"

"Piacere, signor Memo!", disse Mr. Tree.

"Stavo giusto per dimenticarlo ancora!"

"E... mi dica, signor Memo, dove sta andando con la sua astronave?"

"Per Giuda, signor Tree, che Dio mi fulmini se me lo ricordo!"

Mr. Tree lo guardò perplesso.

"Non si ricorda neppure perchè passava da queste parti?"

"Non saprei", fece Memo, "immagino che stessi trasportando qualcosa da qualche parte!"

"Beh, possiamo sempre andare a vedere cosa avete nel magazzino; magari scopriamo qualcosa!", suggerì l'albero.

Memo lo accompagnò nella parte posteriore dell'astronave. Aprirono la porta ed accesero la luce:

"Cosa diavolo sono queste?", esclamò Mr. Tree.

C'erano decine di pile di scatole.

"Non ne ho la più pallida idea.", fece Memo, "proviamo ad aprirne qualcuna."

Si avvicinarono, presero in mano una scatola e la aprirono.

"Sembra... un paio di scarpe!", osservò Mr. Tree chiedendosi che razza galattica potesse avere un piede simile.

"Già, cinquecento paia di scarpe!", fece l'altro.

"Le dicono qualcosa?"

"Assolutamente nulla, tutti i pianeti hanno bisogno di calzature..."

"Un momento... ", osservò Mr. Tree, "non lo ha notato? Sono tutte numero quarantacinque, cinquecento paia di scarpe tutte della stessa misura!"

"Cosa?"

"Lo trovo alquanto strano", disse Mr. Tree, "quale bizzarro pianeta può ordinare solo scarpe di un'unica misura?"

Memo assunse una strana espressione.

"Ah! Non sono cinquecento paia", fece, "ma un solo paio: mille scarpe per il millepiedi gigante di Talos!"

Riflettè un attimo.

"Talos, ecco dove sono diretto!"

I due uscirono dalla cabina felici di aver risolto il problema. Mr. Tree provò ad immaginare senza successo le bizzarre sembianze della creatura che avrebbe calzato quelle oscenità. Poi si sedette davanti lo schermo che mostrava il panorama stellare.

"Vuole venire a Talos con me, signor Tree?", gli chiese Memo.

"Beh, veramente le sarei grato se potesse accompagnarmi su Patatai, è lì che devo andare!"

"Ah, Patatai. Sì, certo, è qui vicino, è il secondo pianeta sulla destra, passato l'asteroide!"

Premette alcuni pulsanti, inserendo la rotta dell'astronave. Poi accese la radio, sintonizzandola su un programma musicale.

"Se non le dispiace preferirei che mi lasciasse in una zona vicina ai centri abitati", fece Mr. Tree, "ho qualche affare urgente da sbrigare."

"Capisco. Per me è lo stesso.", ribattè l'altro.

In quel momento una voce di donna parlò alla radio:

"Interrompiamo il programma di musiche intergalattiche per una comunicazione di servizio diretta a Mr. Tree:

-Qui è il giudice Cleveland che parla: Mr. Tree, ovunque sia, spero che mi stia ascoltando.

Mr. Tree era esterefatto.

-Bando alle ciance. E' urgente che verifichi la fondatezza dell'esistenza di una base ribelle su Patatai, cosicchè se gatta ci cova giammai covar potrà...

La voce di donna riprese a parlare:

"Riprendiamo ora le trasmissioni con il concerto in gna minore di Bruno da Nettuno."

Mr. Tree era furibondo.

"Così, lei è un agente segreto!", fece Memo.

"Già, e mezza galassia sa che mi sto recando su Patatai!". L'albero imprecò contro tutte le verdure. "Sono l'unica spia della galassia che non viaggia in incognito!"

Intanto l'astronave aveva preso a sorvolare il pianeta. Si trattava di uno stupendo pianeta di tipo terrestre, coperto di foreste e dall'aria cristallina dai riflessi purpurei. Non sembravano esserci grossi centri abitati, per lo meno nella zona che stavano attraversando. 

"Guarda, laggiù c'è uno spiazzo tra gli alberi. Atterreremo lì.", fece Memo.

L'astronave si adagiò sul terreno, non senza qualche scossone. Mr. Tree uscì immediatamente all'aperto.

"Ci rivediamo!", esclamò Memo dal finestrino dell'astronave. Mr. Tree lo salutò, ma dubitava che l'astronauta l'avrebbe ricordato a lungo.

"Ah, dimenticavo", Memo lo richiamò indietro, "le dispiacerebbe dirmi come mi chiamo? Vorrei segnarmelo... sa, potrebbe servirmi!"

Mr. Tree glielo disse, poi si separarono salutandosi per l'ultima volta. L'astronave si alzò nel cielo con grande fracasso e si allontanò definitivamente.


8

 

 

 

 

Rimasto solo, Mr. Tree si inoltrò nella foresta di Patatai sperando di incontrare qualcuno al più presto.

Dopo aver camminato a lungo sentì dei rumori provenire da una radura poco lontano. Si avvicinò con cautela per ascoltare meglio. Sembravano voci di persone, come un chiacchiericcio confuso. Decise di ascoltare i loro discorsi nascondendosi dietro un albero.

"Ciao!", disse una voce.

Mr. Tree si guardò attorno, ma non vide nessuno.

"Cos'hai, non ci vedi?", disse ancora la voce.

Mr. Tree guardò meglio: l'albero dietro al quale si era nascosto non era un vero albero. O, meglio, lo era, ma di un tipo particolare. Era un albero suo simile, un sapiens sapiens in grado di camminare e di parlare così come faceva lui.

Mr. Tree ebbe una esclamazione di sorpresa:

"Per tutti i pianeti! Scusami, amico, non ti avevo proprio visto!"

"Già, l'ho notato!", disse l'altro spostandosi su di un fianco.

"Come ti chiami?", chiese Mr. Tree.

"Abele", rispose l'altro, "Abele Silvestre e sono originario dei monti Veghiani!"

I due alberi si abbracciarono.

"E' raro incontrare qualcuno della propria specie in questa sconfinata galassia!"

"Già, siamo piuttosto rari.", fece Mr. Tree.

"Come mai capiti in questo pianeta dimenticato da tutti?", chiese Abele.

"Patatai? Commercio... per banali ragioni di scambio!", mentì Mr. Tree.

"Vieni, ti farò conoscere alcuni amici."

C'era un folto gruppo di persone che stava chiacchierando tranquillamente, approfittando della piacevole ombra offerta dalle piante. Sulla destra, sopra una collina c'era un villaggio seminascosto dalla vegetazione.

Abele si diresse verso il sindaco, una specie di vichingo che veniva dai pianeti di ghiaccio della stella nana Hydron e aveva deciso di trasferirsi in un pianeta più caldo e ospitale. Si chiamava Livgren, aveva due baffoni spioventi verdi sulle punte e stava chiacchierando animatamente.

L'altra interlocutrice era la signora Airone, che invece era originaria di Patatai da almeno venti generazioni e come gli altri del luogo aveva ereditato un nome che ricordava le principali specie di uccelli terrestri. Insieme a quello della famiglia Airone pullulavano nomi del tipo Gazza, Pellicano, Aquila, Fringuello e molti altri ancora.

La signora Airone era un tipo molto simpatico, dalla parlata veloce e precisa, benvoluta da tutti gli abitanti del villaggio dove regnava la più completa armonia. Oggetto della discussione con il sindaco era la richiesta informale del permesso di importare dal pianeta Milah un grazioso cucciolo di criciogatto, molto in voga nei salotti bene di certe famiglie, ma la cui diffusione era regolata da leggi severissime. Una carissima amica, che faceva parte della famiglia Cicogna, si era recata a prenderla direttamente sul posto.

Quando Abele e Mr. Tree si avvicinarono, la signora Airone stava scherzando ad alta voce:

"Sono in attesa della mia pupa", declamò con aria giubilante, "Diventerò presto mamma!"

Il sindaco si prestava al gioco e la scherniva ironicamente, quando sopraggiunse Abele che presentò loro Mr. Tree.

"Piacere, signora Airone", fece Mr. Tree, "felicitazioni per la sua pupa!"

"Oh, grazie signor Tree!", rispose la donna continuando a giocare con le parole.

Mr. Tree aveva creduto che la signora Airone stesse aspettando un bambino.

"A quando il lieto evento?", chiese l'albero.

"E' questione di ore, stiamo aspettando la Cicogna."

Mr. Tree la guardò perplesso.

"Chissà come sarà felice suo marito!"

"Ah, non sono più sposata. Mio marito morì più di dieci anni fa in un incidente spaziale. Io, mi sentivo così sola... avevo proprio bisogno di una pupa..."

"Ma... chi è il padre?"

"Questo non si sa."

La signora Airone si stava divertendo un mondo alle spalle del povero albero che aveva equivocato la situazione. Nonostante tutto le sue parole corrispondevano alla pura verità e il sindaco si era seduto su di una panchina non riuscendo a trattenere le risa.

"L'uno o l'altro non ha importanza."

Mr. Tree era quasi sconvolto. Non era certo un albero puritano, ma c'era un limite a tutto. La donna intanto continuava a parlare:

"A pensarci bene non l'ho chiesto. Comunque l'importante è che sia femmina."

"Beh... credo sia casuale. Come fa ad essere così sicura che sarà un maschio?"

"E' semplice. Ho chiesto esplicitamente alla Cicogna di portarmi una femmina. Anzi dovrebbe essere già arrivata, l'ultima astronave è quella delle cinque."

Non paga di tutto ciò che aveva detto, la signora Airone rincarò la dose aggiungendo:

"Sa, mi piacciono le femmine. Non sporcano, sono molto affettuose... ci vado persino a letto insieme."

Mr. Tree era sull'orlo di una crisi isterica.

"Ora mi scusi, signor Tree", riprese la donna, "vado a vedere se, tante volte, la Cicogna avesse preferito l'astrobus..."

Se ne andò soddisfatta e sorridente, chiedendosi fino a che punto quell'albero non avesse recitato la sua parte.

"E' un po' tocca, quella?", fece ironico Mr. Tree.

Abele, che ancora ridacchiava, lo accompagnò in una zona a sud della radura, mostrandogli un'estesa piantagione che copriva gran parte dei campi a perdita d'occhio.

"Cosa coltivate?"

"Mi stupisco che tu me lo chieda.", disse Abele. "Tutti sanno che l'economia di Patatai è basata sulla coltivazione delle rape!"

"Rape?", esclamò stupito Mr. Tree.

"Sì, certo. Qui nasce la varietà più gustosa della galassia, ricercata dai buongustai."

"Non ci sono centri culturali, città, metropoli?"

"Patatai è un pianeta di contadini", rispose Abele, "ci sono soltanto villaggi come il nostro."

Mr. Tree si chiese come si potesse sospettare l'esistenza di una base ribelle su un pianeta simile. Oppure era probabile che fosse stato scelto proprio per questo motivo. No, era inconcepibile! Stava viaggiando un po' troppo con la fantasia, Patatai era il posto più tranquillo e sereno dell'intero universo.

In quel momento arrivò un tizio dicendo:

"Una telefonata per lei, signor Tree."

Mr. Tree prese in mano il ricevitore.

"Sono il giudice Cleveland", fece la voce dall'altra parte, "le chiedo di verificare immediatamente la fondatezza dell'esistenza di una base ribelle, cosicchè..."

"...se gatta ci cova giammai covar potrà!", ripetè a memoria Mr. Tree, ma non riuscì a proferire altro.

Abele intanto si era allontanato. Ritornò con un dono per Mr. Tree che aveva riappeso il ricevitore.

"Per dimostrarti la mia ospitalità lascia che ti offra questo dono: è il Kujafel, una torta di rape che è una vera specialità di Patatai!"

Mr. Tree accettò volentieri il regalo e pensò che la sua missione fosse finita lì.

"Dove posso trovare un'astronave per lasciare al più presto il pianeta?"

"Temo che l'ultimo sia stato l'astrobus delle cinque e trenta. Non ce ne sono altri fino alla prossima settimana."

"Non esistono altri mezzi?"

"Ti consiglio di rivolgerti al mago di Patatai. Saprà sicuramente aiutarti.", disse indicandogli la direzione da seguire.

Mr. Tree si diresse verso la casa del mago accompagnato dall'amico Abele. Si trattava di un casermone vecchio e grosso, i cui comignoli sporgevano dalla vegetazione circostante. Appeso sulla porta di casa c'era un cartello minaccioso che serviva per allontanare i seccatori.

Mr. Tree suonò insistentemente il campanello.

Il mago, che dormiva profondamente, si svegliò di soprassalto. Era un uomo alto e grosso, dall'aspetto severo e maestoso.

"Chi osa disturbarmi?", urlò aprendo la porta con gli occhi spiritati.

"Sono un povero albero indifeso", disse timidamente Mr. Tree, "avrei un problema..."

"Sentiamo questo problema.", fece il mago lasciando Mr. Tree in piedi sul ciglio della porta.

"Vorrei andarmene da Patatai. Devo raggiungere al più presto il Comando Supremo Astrale."

"Tutto qui? Per chi mi hai preso, per un'agenzia di viaggi?", fece ancor più arrabbiato il mago. "Mi hai svegliato per così poco? Avrei capito se mi avessi chiesto di procurarti un sasso masticato da un bisonte Graans oppure di farti comunicare telepaticamente con la muffa chiacchierona del pianeta Nzor... ma per un semplice viaggio astrale... che diamine!"

Prese una scatoletta da un credenzone, farfugliando alcune frasi del tipo 'vanno dal mago come dal droghiere' oppure 'vorrebbero magia persino per cuocersi le frittelle' e si avvicinò di nuovo all'albero che era rimasto immobile sulla soglia.

"Prenda queste pillole, due dopo pranzo e due dopo cena, e se ne vada. Voglio dormire!"

Il mago gli chiuse la porta in faccia.

Mr. Tree, che era rimasto di stucco, guardò con curiosità quelle pillole: sembravano innocue. Salutò affettuosamente Abele ringraziandolo per quanto aveva fatto per lui. Poi si avvicinò ad una fontana da cui sgorgava dell'acqua limpida e fresca e ne ingoiò due.

Cominciò a sentire immediatamente un certo pizzicorino sotto le ascelle. Provò a grattarsi e sentì che stava succedendo qualcosa.

Non era ben chiaro quale fosse l'effetto: sotto i rami cominciarono a formarsi delle strane durezze, non capiva di che tipo, solo più tardi si rese conto che stava spuntandogli qualcosa. Qualche minuto ancora e capì che doveva trattarsi di ali.

Erano cresciute molto in fretta, erano lunghe già quasi due metri, bianche e piumate. Poi, quando vide che il processo di accrescimento era rallentato e si era stabilizzato, prese la torta di rape che Abele gli aveva gentilmente offerto e si alzò in volo, annusando quell'invitante profumo di Kujafel che si diffondeva nell'aria cristallina del pianeta.

Il viaggio non fu molto lungo. Incrociò una rotta interplanetaria, poi si fece accompagnare da un astrotrasportatore fino alla stazione spaziale più vicina dove potè usufruire di un celere servizio di linea che in poco tempo gli fece raggiungere New Florence e quindi la sede del Comando Supremo Astrale. Aveva ancora la sua profumatissima torta con sè.

Fu ricevuto dal giudice Cleveland il quale lo accolse benevolmente:

"La sua missione consisteva nell'appurare l'esistenza di una base ribelle sul pianeta Patatai, cosicchè..."

"...se gatta ci cova giammai covar potrà!", disse l'albero in coro.

"Ebbene, signor giudice", fece ancora Mr. Tree, "no, non ci sono basi ribelli, tutto tranquillo. Patatai è un semplice pianeta di contadini!"

"Fantastico, Mr. Tree", disse il giudice, "ora aspetti un attimo, devo fare una telefonata urgente..."

Il giudice prese l'apparecchio e formò un numero.

"Pronto, cara? Sì, sono io. Puoi andare, è tutto a posto, ho già fatto controllare, compra tutte le rape che vuoi e una dozzina di Kujafel direttamente dal produttore. Non ci sono pericoli di alcun genere. Vai pure! Ciao, un bacino!"

In quel momento gli arrivò in faccia una freschissima torta alle rape che ancora profumava.

"Voleva le rape, sua moglie?", fece Mr. Tree fuori di sè e noncurante di ciò che sarebbe potuto accadere, "Le faccia assaggiare questa!"

Il giudice rimase sbigottito, abbassando la cornetta, mentre Mr. Tree, ancora più verde del solito, per la rabbia, ingoiava altre due pillole e se ne volava via verso casa...